Corte di Cassazione, Sezione 1, Civile, Ordinanza 22 maggio 2023, n.13997
Domanda giudiziale – Domanda di concordato preventivo presentata dal debitore – Proposizione con il palese scopo di differire la dichiarazione di fallimento – Inammissibilità – Integrazione degli estremi di un abuso del processo – Violazione dei canoni generali di correttezza e buona fede e dei principi di lealtà processuale e del giusto processo – Utilizzo di strumenti processuali per perseguire finalità eccedenti o deviate rispetto a quelle per le quali l’ordinamento li ha predisposti – Art. 1175 cc
La domanda di concordato preventivo presentata dal debitore non per regolare la crisi dell’impresa attraverso un accordo con i suoi creditori, ma con il palese scopo di differire la dichiarazione di fallimento, è inammissibile in quanto integra gli estremi di un abuso del processo, che ricorre quando, con violazione dei canoni generali di correttezza e buona fede e dei principi di lealtà processuale e del giusto processo, si utilizzano strumenti processuali per perseguire finalità eccedenti o deviate rispetto a quelle per le quali l’ordinamento li ha predisposti (Nel caso di specie, la Suprema Corte ha cassato con rinvio il decreto impugnato, in quanto la corte d’appello, nel revocare l’omologazione del concordato preventivo in accoglimento dell’opposizione, aveva fatto discendere l’asserita abusività del processo non già da una condotta della società ricorrente finalizzata ad evitare o ritardare la dichiarazione di fallimento, non richiesta da alcun creditore, ivi compresa la banca controricorrente, ma dalla mera utilizzazione dello strumento – previsto dall’ordinamento – della rinuncia al concordato seguita dalla riproposizione della domanda di ammissione a distanza di quindici mesi, senza curarsi di indicare il motivo per cui la seconda domanda avesse pregiudicato il credito della predetta banca, inserita nella proposta concordataria tra i creditori privilegiati, categoria cui era stato promesso l’integrale pagamento) (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile VI, ordinanza 31 marzo 2021, n. 8982; Cassazione, sezione civile I, ordinanza 12 marzo 2020, n. 7117; Cassazione, sezione civile I, sentenza 16 maggio 2017, n. 12066; Cassazione, sezione civile I, sentenza 7 marzo 2017, n. 5677; Cassazione, sezioni civili unite, sentenza 15 maggio 2015, n. 9935).